Agnese Valle: lo scambio di sguardi con “I miei uomini”

Fondere prospettive diverse e farle diventare un percorso unico, incrociare gli sguardi e sovrapporre i propri occhi a quelli di chi ci osserva, trasformare la canzone in un atto teatrale vivo ed in perenne evoluzione. Agnese Valle con il suo nuovo album “I miei uomini” ha cercato di abbracciare gli stati d’animo di autori come Francesco De Gregori, Francesco Guccini, Brunori Sas, Appino e farli diventare un percorso simbolico e simbiotico, un viaggio comune nei meandri del cuore. Un progetto che giovedì 23 maggio debutterà live ad Officina Pasolini in uno spettacolo di teatro canzone con una formazione d’eccellenza che vede Annalisa Baldi alla chitarra, Luca Libonati alla batteria e Simone Ndiaye al basso.

Da un salto nel buio al sipario

Sguardi che si incrociano, occhi che si scrutano, parole che prendono forma nella bocca dell’uno per essere completate dall’altra. Maschile e femminile che perdono la propria identità di genere per diventare espressione di un sentire universale. Storie che nascono come frammenti distanti l’uno dall’altro che si uniscono e compongono uno specchio dell’anima.

“I miei uomini”, il nuovo album di Agnese Valle, ha il respiro di un concept nel quale brani già noti (da “La valigia dell’attore” di De Gregori a “Autogrill” di Guccini, da “Baratto” di Renato Zero a “Telefonami fra venti anni” di Lucio Dalla) sono protagonisti di un cambio di prospettiva dal maschile al femminile. Le canzoni acquistano così un nuovo respiro, allargano i propri confini, diventano protagoniste di una narrazione corale dell’amore in tutte le sue circonvoluzioni dal “Salto nel buio” alla chiusura del “Sipario”. L’unico brano inedito in questo album è la splendida “La fioraia”, scritta da Pino Marino.

Agnese trasforma i brani in un percorso teatrale interiore, percorso che si tradurrà in live di teatro canzone. Un’idea narrativa complessa che unisce musica e narrazione che debutterà il 23 marzo ad Officina Pasolini.

“I miei uomini” è un tentativo coraggioso e poetico di abbattere ogni steccato di genere (e di generi), un’idea che riconosce al patrimonio musicale italiano un valore che si proietta dalla storia alla contemporaneità. Una narrazione che fa diventare le esiliate anime erranti una voce collettiva. “Esiliata anima errante, vedremo ritornare il tempo
Stanco almeno quanto me di camminare tanto”

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