Deborah Willis è una della voci più talentuose, intense e visionarie della letteratura contemporanea. La sua ultima opera “Il buio e altre storie d’amore”, pubblicata da Del Vecchio Editore, rappresenta la summa di una poetica paradossale, empatica, ineluttabilmente umana
Deborah Willis: la scrittura come strumento empatico
Due ragazze alla disperata ricerca di una libertà interiore, prima ancora che fisica. Una pusher che partecipa ad un talent show per diventare parte del primo equipaggio umano su Marte. Un amore destinato a confondersi con l’ornitologia. Un buco su un pavimento che diventa uno squarcio interiore invisibile ad occhi altrui.
“Il buio e altre storie d’amore”, l’ultima opera di Deborah Willis, rappresenta una galleria paradossale, ma al tempo stesso umanissima, di relazioni umane. Un quadro letterario in grado di “rubare grazia e bellezza al mondo” e restituirle al lettore, un viaggio dentro se stessi e i personaggi per affondare mani, cuore e mente in una visione non conforme dell’amore e dell’umanità.

I racconti della Willis, proprio per questo gusto del paradosso e per il rapporto empatico fra autore e personaggi, ricordano a tratti il miglior David Foster Wallace. La scrittura, per l’autrice canadese, è un ponte, un tracciato che parte da se stessi e abbraccia i propri protagonisti. Personaggi che non sono mai assolti dall’autrice nelle proprie azioni, ma sono riconosciuti nella propria fragile umanità.
“Ho iniziato a scrivere fin da bambina per scoprire me stessa e il mondo – ci racconta -. La scrittura mi ha consentito di empatizzare con l’esterno, è un varco verso l’altro. I personaggi dei miei racconti sono inventati, ma hanno tratti reali, per fare in modo che il lettore possa rispecchiarsi nelle loro vicende e nei loro caratteri”.
Un continuo rimando fra creazione e realtà, scrittura e lettura, autore e lettore che crea un legame indissolubile fra Deborah e i protagonisti de “Il buio e altre storie d’amore”. “Non sento distanza fra me e i personaggi, cerco sempre di scrivere in base ad una sorta di vicinanza empatica. Una vicinanza che non coincide con la totale identificazione. È come se io fossi fra i miei personaggi e non distante da loro. La letteratura permette anche di assumere consapevolezza di se stessi: riesci a capire che, essendo un essere umano, puoi essere in grado sia di fare cose positive, sia di essere autrice di azioni veramente ignobili”.

Il paradosso e il rumore
Un uccello vestito da astronauta. La stupenda copertina realizzata da Maurizio Ceccato de “Il buio e altre storie d’amore”, rende immediatamente visibile e vivido il gusto per il paradosso che emerge dal libro. Racconti che dipingono dimensioni “realisticamente surreali” o “surrealisticamente reali”.
“Il paradosso è uno strumento che fa apparire una cosa vera e non vera al tempo stesso. La realtà che abitiamo, e che in parte ho provato a trasporre in questo libro, è caratterizzata da una sorta di ‘disaccordo cognitivo’. È come se vivessimo in un mondo nel quale il paradosso è ovunque”.

Un paradosso che si esprime, nei racconti della Willis, attraverso il rumore. Il rumore di una fuga per la libertà come quella di Andrea e Jess (protagoniste de “Il buio”), il rumore di un sogno impossibile come quello di Amber (“La mia ragazza su Marte”). Un rumore che diventa simbolo di una resistenza umana a “quella gravità che ci riduce in polvere”. “Vengo da un paese dove tutto è veramente tranquillo e penso che il rumore abbia in sé una sorta di calore e può rappresentare un tramite per instaurare nuovi rapporti, per creare nuove dimensioni”.
Dimensioni oscure che lasciano intravedere paradossali, tenerissime e laceranti storie d’amore attraverso un barlume che frantuma il buio.