Francesco Forni: “Una sceneggiata” 2.0 per restituire alla voce il suo potere

Francesco Forni presenta in anteprima a Pinknoises.it il suo nuovo disco “Una sceneggiata”. Un concept album denso e complesso interamente cantato in napoletano che unisce tragedia greca, melodramma, musicale popolare e rock. Un disco da ascoltare, leggere e vivere, immersi in una realtà così tanto stratificata da apparire come reale.

Francesco Forni: la sceneggiata per raccontare la complessità della vita

Urla che si perdono nei meandri di una piazza e richieste sussurrate per non essere portate via dal vento. Amore e violenza, vulnerabilità e senso di immortalità. Una “sceneggiata” 2.0 che assume le sembianze di un concept album che unisce musica e letteratura, melodramma e poesia di strada.

Il nuovo disco di Francesco Forni, in uscita il 18 marzo per Soundfly, si ispira alla storia di “Spacciatore”, uno spettacolo teatrale con il soggetto di Pierpaolo Sepe e la drammaturgia di Andrej Logo, ma allarga le soglie di questa rappresentazione dando nuova profondità – musicale ed umana – ai personaggi.

“Una sceneggiata” è una sorta di West Side Story ambientata fra i vicoli del centro di Napoli ed ha come protagonisti personaggi che fin dal nome uniscono la cultura pop contemporanea alla tragedia. Da Dragonbol, un tossicodipendente che introduce la storia come il coro del teatro greco e la chiude con la nenia finale di “Prenditi cura di me” (“Tu me vuo’ bene a me comme je voglio bene a te. A vote nun ce pare. A vote pare che a vule’ bene è sulo chi tene bisogno”) a Spacciatore, il protagonista in perenne oscillazione fra la purezza del proprio anima e la bufera che attraversa i suoi occhi.

“Abbiamo bisogno di fare sceneggiate per raccontare le complessità della vita e dell’amore – ci spiega Francesco -. Ho scritto queste canzoni piangendo a dirotto. E’ un disco teatrale e proprio come nel teatro si usano le maschere per dire la verità, io ho usato parole ed immagini per rappresentare la mia interiorità nella maniera più profonda possibile”.

Una profondità che si rivela in maniera tridimensionale nei protagonisti dell’album e nel loro perenne oscillare sul filo della vita. Una “sceneggiata” senza finali scontati e senza intenti assolutori. Cruda come un vicolo cieco che non è possibile abbandonare e una notte scura che ritorna in loop.

“Con questo disco ho riscoperto il potere della voce, che rappresenta lo strumento più forte che abbiamo e quello che, se interrogato, può darci di più in un momento come questo”.

Una voce in grado di ferire e rispondere alle ferite, di distruggere e costruire, proprio come i personaggi di una sceneggiata moderna.

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