Klastós, il nuovo lavoro di Ginevra Nervi, non è un semplice Ep, ma è la genesi musicale di un universo che viene distrutto, ricomposto e ricostruito (per essere nuovamente distrutto e riaggregarsi in un vortice ciclico) attraverso le parole e la musica della compositrice.
Proprio come le rocce clastiche che danno il titolo al disco.
Un battito in un cosmo di rumore
Klastós come l’infinito che si stratifica.
Klastós come la capacità di percepire i livelli futuri sulle rocce passate.
Klastós come rinascere ogni volta su se stessi.
Klastós come un suono che si crea nel coro della materia.
E che diventa Rumore vivo.
Un battito, prima impercettibile poi sempre più chiaro. Una macchina che fa pulsare un cuore o, forse, un cuore che trasmette sangue ad una macchina rendendola umana, donandole un’esistenza che sfida le leggi delle tecnologia e riscrive le regole della geologia. Un battito che si silenzia fino quasi a svanire, straziato da suoni nei quali si (con)fonde. E che riesce a sopravvivere alla sua fragilità.
Un battito che diventa l’ultimo suono di quello che conoscevamo. E il primo rumore di quello che potremmo diventare.
“Totally fragile”, canta Ginevra Nervi in Dune, l’ultimo brano del suo Ep Klastós, una fragilità in grado di annichilire e cambiare, di illuminare e far esplodere come una falda di gas celata dagli abissi. Una fragilità che riesce a distruggere e ricomporre mondi, universi e microcosmi e a reimmaginarli attraverso una nuova armonia, un nuovo suono.
Un suono ancestrale, immacolato ed eterno. Come una roccia immemore del tempo che la divide e sminuzza senza ferirla, anzi rendendola immortale nel suo diventare pluralità. E il titolo dell’Ep di Ginevra è proprio ispirato al nome scientifico delle rocce clastiche che derivano da infiniti sedimenti. Piccoli frammenti, grani di passato che rappresentano un minuscolo cosmo, nel quale tutto è intimamente correlato. Klastós è la narrazione musicale di questo percorso versi una rinascita che passa attraverso una necessaria distruzione (e/o viceversa).
“L’interconnessione della materia, del mondo vivente e quindi anche degli uomini, viene raffigurata con l’immagine delle rocce conglomerate, dai sedimenti, dall’accumulazione di frammenti rocciosi disposti su differenti livelli che rappresentano vari stadi del cambiamento. La storia delle rocce come metafora della storia dell’essere umano e della sua personale lotta per la ricostruzione di se stesso”.
Microcosmi che si sgretolano e rinascono da minuscole particelle di polvere seguendo una ciclicità ineluttabile. Tracce che si annodano ed avvolgono per diventare parte di un unico universo. Linee vocali che nascono da sussurri impercettibili e prendono forma in uno spazio rumoroso, diventando parte di quel frastuono fino a dominarlo e renderlo armonico.
Un disco che non può, come sempre avviene per Ginevra Nervi, prescindere da un valore e un sostrato filosofico ed esistenziale. Le sue quattro tracce, infatti, hanno un nucleo concettuale profondo: la liberazione dal giogo di una personalità narcisistica annichilente diventa spinta verso un cambiamento complesso e delicato come la geometria fluttuante di una duna.
Un tracciato instabile ma ineluttabile, un percorso violento ma salvifico. “Totally fragile “. Come una roccia che si frammenta e spezza, ma che non si disperde e resta ancorata al suo nucleo vitale.
Diventando monade nel caos.
Battito che pompa sangue pulsante per irrorare i nostri deserti clastici.