N.A.I.P. adesso in modalità audio. Faccia a faccia, ad un metro di distanza, con Michelangelo Mercuri, in arte Nessun Artista In Particolare, finalista dell’ultima edizione di X Factor, per parlare (finalmente) di loop come comfort-zone, di silenzio come termine di contrasto e di rumore come strumento di lettura.
Poco più di un mese fa si è consumato l’esperimento comunicativo di un’intervista video senza audio. Uno di quegli esperimenti che riescono solo con chi, come N.A.I.P., del proprio corpo ha fatto un pentagramma non verbale colmo di significato. Uno di quegli esperimenti che allo stesso tempo hanno ricordato ancora una volta, ancora più prepotente, l’importanza della presenza, del suono, del tono della voce, del rumore di una risata. Sì, il rumore. Lo stesso che in un anno di distanze fisiche obbligate si è rivelato l’unico veicolo di contatto, quando l’onda sonora sfiora il timpano e lo fa vibrare. L’unico modo per sentirci meno lontani, meno soli oltre gli schermi. Mancava quel rumore, poco più di un mese fa. Mancava quella vibrazione.
Il silenzio che esalta il rumore nel gioco di contrasti
Lo stupore di un’intervista muta ha lasciato spazio alla necessità di dare voce al volto, dunque. L’esigenza di chiedere, parlare, ascoltare, sentire che la ripetizione di gesti, parole e suoni hanno un effetto ipnotico in Nessun Artista In Particolare. Scoprire che il loop di N.A.I.P. “è qualcosa che allontana dagli allarmi del mondo, una decadenza che mi culla” per togliere e sintetizzare una zona franca dove rifugiarsi in solitudine anche in mezzo al pubblico. Un luogo costruito ma inesistente dove il noise fa da sottofondo per diventare silenzio. “L’ultima parola di uno dei miei film preferiti è Silenzio, Mulholland Drive. Ho sempre pensato che più è forte il silenzio, più risulta forte il rumore”.
L’intervista muta aveva lasciato spazio al bisogno di percepire sulla pelle quel rumore “che ci serve per capire chi abbiamo davanti”, che ci aiuta a leggere l’anima.