Daje Cinica

Cristina Fogazzi, aka Estetista Cinica, dopo un’estate tra i borghi bandiera arancione in collaborazione con Touring Club mette la sua forza divulgatrice social a disposizione dei grandi colossi della bellezza.

Una due giorni di tour con le guide turistiche ufficiali del comune di Roma tra Garbatella e Basilica San Paolo e una notte ai Musei Vaticani, raccontata sul suo canale Instagram, per avvicinare un pubblico sempre più vasto a quanto di meraviglioso abbiamo a portata di mano.

Siamo davvero pronti alla bellezza?

Da Chiara Ferragni agli Uffizi per Vogue fino a the Jackal che raccontano le bellezze di Napoli.

Instagram e la sua potenza divulgatrice è diventata un canale preferenziale per chi vuole incuriosirsi.

Il corrispettivo di una passeggiata per le vetrine del centro per guardare le novità.

Roba anche per non addetti ai lavori, per curiosi che vogliono approfondire, per chi cerca un input o un’ispirazione.

Un momento leggero di osservazione. Un punto di partenza della conoscenza.

Così la Ferragni Nazionale che gioca con le statue della Pinacoteca diventa il modo più veloce per dare un’allure più accessibile ad un mondo che spesso si è rivelato escludente e che rischia di diventare ancora più elitario dopo questo grande periodo di allerta che stiamo vivendo.

Perché è vero che siamo il Paese dell’Arte, ma in questo stato di emergenza la cultura è stata messa in stand by.

Il distanziamento fisico imposto dalla necessità di contenere la pandemia globale ha stabilito una scala di gerarchie che, sedimentata, potrebbe essere pericolosa.

Perché i dati parlano chiaro: in uno stato di emergenza anche l’immortale sito de la Cappella Sistina di Roma ha perso i suoi visitatori.

I musei sono vuoti come i teatri, i palazzetti e le arene.

Sono vuoti i centri storici delle città d’arte.

Vuoti di occhi spalancati.

E questa sospensione sembra non preoccupare abbastanza.

Emittenti fuori canale

Ci stiamo allenando ad una comunicazione più diretta, stiamo sperimentando un’accessibilità allo scambio veloce che mai finora avevamo immaginato.

La digitalizzazione del mondo non è una diavoleria moderna: stiamo cambiando strumenti.

E come ogni cambiamento c’è il grande scoglio costruito da anni di staticità dove si sono stratificate le più brutte caratteristiche dell’essere umano: la tranquillità dello stare fermi e la sicurezza che tutto rimanga riconoscibile senza sforzo.

Chi è fermo, nell’angoscia dell’ineluttabilità a cui si è auto condannato, ha un tipico atteggiamento denigratorio nei confronti di chi ha deciso di fare, di agire un cambiamento.

Però non c’è da stupirsi se il posto più sicuro del mondo per la stragrande maggioranza degli umani è proprio l’immobilità, magari collaudata già dalle generazioni precedenti.

Al museo ci si annoia, del lavoro ci si lamenta e si fa controvoglia, il muso lungo dal lunedì’ al venerdì lo stipendio fisso è l’unico obiettivo valido per cui scendere a compromessi.

“E il sabato all’iper a far la spesa” ( cit. Vinicio Capossela).

A questo potrei aggiungerne milioni di status che legittimano tutto e che sono sempre dei catalizzatori di rabbia e frustrazione.

Rabbia feroce che fa denigrare l’altro, per la famosa storiella che l’altro che fa paura.

Sia mai si abbracciasse come possibilità l’idea che un’evoluzione è possibile davvero e che il cambiamento è il motore primo di ogni essere umano e di una società civile.

Sia mai si possa allenare uno sguardo critico sul mondo e costruire la propria individualità e il proprio bagaglio pensando ad una pluralità e non al vantaggio del singolo.

Sia mai si possa pensare che qualcuno sia mosso da altro che non sia il personale corrispettivo economico immediato.

Perché magari vi stupirà, ma sì, le persone possono agire anche senza pensare solo ad un immediato profitto personale.

L’ironia e la satira

Così i due giorni di tour regalati ai propri follower e le stories Instagram in diretta della visita notturna ai Musei Vaticani, diventa motivo di scherno.

Durante la trasmissione” Il Ruggito del coniglio” in onda ogni mattina da anni su Rai Radio Due, si sono lanciate invettive ad personam a Cristina Fogazzi.

Invettive brutte, partite dallo stupore che un’estetista fosse stata invitata ai Musei Vaticani.

Scherno pregno di machismo, quello che “candidamente” ci portiamo addosso e che ha milioni di veli ipocriti pronti a coprirlo.

E’ satira, è uno scherzo, è una risata.

No, non è così semplice.

Non è cosa di poco conto quel classismo per cui l’ironia e la leggerezza sono considerate cose futili.

Sono uno degli orpelli di quella “cultura” in mano a pochi mandatari, spesso boriosi e non aggiornati che vogliono tenere stretta la noia del sapere.

E che non hanno il coraggio di rivendicarne la centralità in un momento così difficile per il mondo intero.

Immobili detentori di non si sa cosa, che, seppur fermi, puntano il dito forti di un costume che asseconda la rigidità.

Cristina Fogazzi non si è improvvisata guida turistica, non si è improvvisata detentrice del sapere eppure, ai suoi di follower ha regalato svariati momenti di cultura.

Un Bansky nel flagshipstore di Milano, ad esempio. I biglietti sospesi a diversi musei.

Una carrellata di stories alla biennale di Venezia.

Stories a pioggia dai musei londinesi dove era in vacanza.

Questo prima della pandemia.

Una passeggiata per angoli di Roma meno mainstream e , ultimo in ordine di tempo, una visita notturna ai Musei Vaticani.

Solo per citarne alcune.

Forse la bellezza ci salverà, non tutti.

Noi cerchiamo la bellezza ovunque
E passiamo spesso il tempo così
Senza utilità
(Quella che piace a voi)
Senza utilità
(Perché non serve a noi)

Marlene Kunz

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