L.O.V.E. assai: un vaffanculo rosa in Piazza Affari

Lo scorso venerdì mattina, la borsa di Milano ha aperto con l’unghia del dito medio di Maurizio Cattelan (Libertà, Odio, Vendetta, Eternità) colorata da una secchiata di vernice rosa. L’opera di denuncia, a pochi giorni dall’8 marzo, è dello street artist Ivan Tresoldi. Ha scelto l’imponente scultura di granito di fronte alla Borsa, tra le più famose della città, per esprimere solidarietà all’associazione Non Una Di Meno e ai ragazzi di SMS, Spazio di Mutuo Soccorso di piazza Stuparich a Milano.

Ivan Tresoldi street artist

Ed è proprio il mondo della finanza, simbolo della cultura occidentale forte e fortemente incastrata nello stereotipo, a ricevere l’accusa da parte di Cantiere.org, il sito di SMS e promotore della campagna contro le oppressioni di genere e colore. Al grido di #decolonizethecity e #lottomarzo, Cantiere.org spiega nel suo blog quanto “i corpi delle donn*, dei popoli originari, dei neri, degli sfruttati ad ogni latitudine continuano ad essere carne viva delle speculazioni economiche e finanziarie”. Una prassi che non esime da responsabilità il nostro Bel Paese dove si è rilevato che proprio le cosiddette “minoranze” hanno occupato e occupano la maggior parte dei lavori definiti “essenziali” (su 10 persone contagiate dal covid sul posto di lavoro 7 sono donne, 8 se migranti), ma sono anche “le più sacrificabili (tra il 70% e il 90% di chi ha perso il posto di lavoro nell’ultimo anno). Ecco perché stamattina il dito medio puntato contro la finanza è fuxia: perché decolonizzare la città significa anche colorarla della nostra rabbia”.

Pagina Instagram di Cantiere_milano

“L.O.V.E. assai” è il titolo della rivisitazione di Ivan che rivendica il fregio con una dedica che non lascia sottintesi: “Perché ogni uomo si ricordi sempre che se è vivo, lo deve sempre e comunque ad una donna”, si legge nella sua pagina facebook.

Quella donna che nel vortice bellico della pandemia, ha perso o lasciato il lavoro, la donna che ha dovuto imparare ad insegnare ai figli in dad, la stessa che nei mesi di lockdown ha convissuto coattivamente in una prigione chiusa con il suo aguzzino.

Quella donna che il massimo a cui può aspirare nel 2021 è una pubblicità di assorbenti che cantano jingle irritanti, senza considerare che nel 2021 avere le mestruazioni non può ancora essere un’esigenza di lusso.

Quella donna che il massimo a cui può aspirare è un sottosegretariato al governo tecnico istituito per la gestione di fondi eccezionali, senza considerare che la maggior parte del settore terziario italiano è sostenuto proprio dalle donne. Quella donna che ha dovuto allungare il collo oltre oceano per vedere la possibilità concreta che anche una donna nera può accedere alla stanza ovale della Casa Bianca e non come first lady.

Quella donna che deve istituire associazioni e tavole di discussione per convincere il mondo della finanza che forse uno sguardo femminile può essere valore aggiunto e non limite.

Quella stessa donna che si libera della tela di Penelope e del tepore del focolare di cui è regina da sempre, per mettersi a disposizione di una ricostruzione creativa e radicale che sappia superare la miopia dello sfruttamento della risorsa, per puntare tutte le fiches sulla coltivazione di esigenze.

Ivan Tresoldi e le sue opere in strada

Oggi, a Piazza Affari di Milano, l’opera “L.O.V.E. assai” di Ivan Tresoldi è un rumore rosa che denuncia e sostiene, un monito rivolto alla cultura dominante che ricorda l’emergenza di una cecità colpevole, un grido di rabbia che vuole trasformarsi in dialettica creativa.

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