Lamine: la libertà attraverso la musica

Lamine, vincitrice del Premio De André, è una delle personalità artistiche più complesse e complete del nostro panorama musicale. Le sue canzoni sono una celebrazione del rumore interiore e il manifesto di un’indipendenza che si tramuta in libertà assoluta, artistica ed umana

Lamine è una cantautrice?

“Non sono niente, spero di non essere niente. Questo è sicuramente un tentativo di raggiungere il livello zero per cui io posso non essere qualcosa”. Occorre coraggio e sangue freddo per definire se stessi per quello che non si è, piuttosto che rinchiudersi nei facili recinti di catalogazioni precostituite e rassicuranti. E Lamine, che soltanto quest’anno ha vinto il Premio De André e il premio della critica al Bianca d’Aponte, ha coraggio da vendere. Un’attitudine che la porta a fare dell’indipendenza artistica il proprio manifesto, la propria dichiarazione di intenti, il proprio urlo interiore.

Lamine
Lamine – Foto Arianna Bonelli

Perché Lamine è se stessa, è Viviana Strambelli, è tutte le parole delle sue canzoni, tutte le note della sua band, ma non è un’artista da chiudere dentro uno steccato, da imbavagliare con parole spesso fuori luogo. Una di queste è “cantautrice”. “Quando ho cominciato a scrivere c’è stato un mio amico che mi detto ‘che palle sei diventata una cantautrice’. All’inizio ci sono rimasta un po’ male, perché ho detto ‘cazzo sono diventata una cantautrice’, però sembrava un po’ noioso nella sua accezione, poi ho capito. Non penso di rientrare in questa categoria. Penso che la musica sia il canale più libero attraverso il quale posso esprimermi”.

Una libertà che diventa indipendenza, ma che non è riassumibile nel termine “indie”, troppo spesso sinonimo di un’altra omologazione al ribasso. “Essere indipendente significa comportarsi in maniera congrua con quello che vuoi, con quello che stai facendo. Non è faticoso se comunque hai intorno delle persone che vengono ai concerti, amici che credono nel progetto, sconosciuti che si appassionano man mano. Se non ci fosse questo, tutto sarebbe un po’ autoreferenziale”.

Il live di Lamine al Premio De André con “Non è tardi”

La verità e il rumore

Due volti, uno deciso e quasi irridente, uno impaurito in cerca di una luce che sfugge e che finisce con lo sbattergli in faccia, come uno schiaffo, come una carezza. Il video di “Penna Bic” scritto diretto e prodotto da Kristoph Tassin riassume l’approccio musicale di Lamine, un’artista inquieta e raffinata, complessa e diretta. Come le sue canzoni, quadri senza filtri che attingono dalla realtà e dall’interiorità. Da sé e dal mondo.

Penna Bic

“L’indice di verità nelle mie canzoni non è cercato, non è un presupposto per il quale scrivo. Che ruolo ha la bugia nelle canzoni? Si può mentire o bisogna essere sinceri per forza? Secondo me si può e si deve mentire. Nel senso che la verità delle volte è anche molto molto noiosa, quindi può essere un punto di partenza o un punto di arrivo. Nei miei testi attingo dal mio microcosmo e dai microcosmi che incontro, scavo nella mia intimità e cerco di renderla universale”.

A Lamine piace fare rumore, piace essere quel frastuono che scuote le pareti e fa tremare i pavimenti. “Per me il rumore è quella cosa per cui prima eri addormentato e poi a un certo punto ti svegli e quando ti svegli se ne devono accorgere. Te ne devi accorgere tu. E quando te ne accorgi inizi a sentire una vibrazione, che può avere a che fare a volte con la vitalità, altre volte con la depressione più nera. Però è qualcosa che si muove, che crea spazi e apre confini”.

Proprio come una voce, che sussurra e urla “prima che il cielo scriva un’altra fine”.

Altre storie
Zerocalcare: “No sleep till Shengal” e quel cielo così lontano