Lana Del Rey live: Summertime Happiness

Uno dei live imperdibili della stagione, un evento esclusivo per la “diva” della canzone mondiale. A una settimana dall’unico concerto stagionale di Lana Del Rey in Italia, al festival La Prima Estate, ripercorriamo le emozioni di una serata di pura Summertime Happiness

Technicolor Dreams

Lana è unica e irripetibile, è una strega, è una donna americana, è la reincarnazione di Sylvia Plath, è una poetessa, infine, è una cantante. Ciliegie e vino, occhiali a forma di cuore, ragazze che vogliono solo divertirsi. I testi riprendono un mondo in technicolor, vintage, sognante, in cui tuttavia è facile rispecchiarsi.

Lana Del Rey – Foto di Francesca Millozzi

Il dolore e il tormento di una ragazza degli anni ’50 non sono diversi da quelli di una degli anni 2000. È questo l’elisir di immortalità di Lana del Rey, che ormai può essere considerata a tutti gli effetti un’artista generazionale.
La scenografia è caleidoscopica: un casinò di Las Vegas, ma anche un bosco incantato con un’altalena e una toeletta per pettinarsi i capelli. Un set arricchito dalla presenza di perfomer, coriste e un gruppo di ballerine, che prima ancora di essere ballerine, sono amiche strette di Lana, avvalorando le performance delle canzoni più recenti, maggiormente autobiografiche.

Questo apparente caos visivo è pienamente in linea con la narrazione dei testi.
Lana è luminosa, sorridente, ha l’aria di un’artista ormai arrivata ma mai succube del proprio successo. Abbraccia il palco con naturalezza, sa quel che fa, si diverte, ci diverte, ci fa piangere. Ma quello che sorprende di più è la semplicità dei movimenti, delle azioni in completa antitesi con l’aura immortale e onirica del suo personaggio. La vediamo fumare una sigaretta elettronica seduta davanti a 17mila persone. Sul maxischermo sono proiettati vecchi videoclip, immagini di quando ancora si faceva chiamare Lizzy Grant ed aveva i capelli biondo platino. Così come entra sul palco, sospinta dal vento come fosse una necessità divina, così Lana esce di scena, salutando con la mano. Un outro strumentale, orchestrale e drammatico, che ricorda vagamente una melodia dei cartoni delle principesse Disney dei primi anni ’30.
Che vi piaccia o no, Lana è e sarà per sempre l’unica vera diva dei nostri tempi.

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