Un evento che ha coinvolto oltre 130 live-club italiani e tantissimi artisti: dagli Afterhours ai Subsonica, dai Lacuna Coil a Diodato, da Colapesce e Dimartino ai Pinguini Tattici Nucelari. L’Ultimo Concerto, organizzato da Arci Italia in collaborazione con KeepOn live ed Assomusica, in realtà non è stato come tutti si aspettavano un mega-streaming incrociato di canzoni, ma un atto di protesta collettiva, nel quale nessun artista ha deciso di suonare ed ha prevalso il silenzio. Come quello che dal 27 febbraio del 2020 avvolge le sorti dello musica dal vivo e dei locali nei quali questa è protagonista
L’Ultimo Concerto: l’urlo assordante dei microfoni spenti
130 spazi che fino ad un anno fa esplodevano di musica ed emozione. 130 luoghi dell’anima chiusi nel silenzio di un anno devastato dalla pandemia. 130 culle della cultura che non sanno ancora se saranno in grado di sopravvivere.
Luci accese per un giorno, microfoni ed amplificatori che sibilano, palchi che tornano ad essere riempiti, ma nessun suono. Nessuna canzone. Un silenzio fortissimo ed assordante, un grido afono più efficace della scaletta di un intero live.

L’Ultimo Concerto, promosso da Arci Nazionale Keepon Live ed Assomusica, è stato tutto questo. Nessun ultimo concerto, nessuna fine, perché il baratro è ancora evitabile. E così i migliori artisti del nostro panorama nazionale, hanno deciso di urlare a bocca chiusa il vuoto che circonda le sorti della musica e dello spettacolo.
Un mega-live in streaming da 130 club che non si è mai svolto, che ha visto soltanto la presenza fisica in queste location di cantanti e band, ma con un audio settato sull’off. E se luoghi come l’Angelo Mai di Roma, l’Alcatraz di Milano, l’Hiroshima Mon Amour di Torino, il The Cage di Livorno e il Candelai di Palermo, per pochissimi secondi hanno riacceso le luci, domani torneranno a spegnerle senza certezza sul proprio futuro. “Con questo evento fake, con questo silenzio, abbiamo voluto sottolineare l’assenza totale di dibattito rispetto al mondo culturale” spiega Carlo Testini, coordinatore Cultura Arci Nazionale.
Fra gli artisti che hanno deciso di partecipare all’evento, c’è stata anche Marina Rei, che è salita in silenzio sul palco dell’Angelo Mai. “Se questo fosse davvero l’ultimo concerto significherebbe l’oblio delle nostre menti e delle nostre emozioni. Quello che abbiamo vissuto è stato devastante. Stiamo ancora attraversando un limbo. Ho deciso di abbracciare questo ultimo concerto perché se le nostre voci insieme diventano una forza, le nostre voci silenziose diventano ancora più dirompenti; è un grido che gettiamo a chi ci deve ascoltare”.
Un grido che lanciamo anche noi. La nostra rivista nasce da, per e nel rumore. E questo silenzio rischia di diventare così sordo ed assordante, così lancinante, da rompere i timpani. Non esisterà nessun Ultimo Concerto, fino a quando ci convinceremo che oltre il silenzio ci sia uno spazio da attraversare, una strada da percorrere. Guidati dal fischio sordo che viene da un microfono e da quelle luci che si spengono per riaccendersi subito con le prime note di una canzone.