Brividi. Nelle parole e nei gesti. In una presenza scenica che è al tempo stesso sensuale e fragile, durissima ed esile, che scuote l’ascoltatore e lo spettatore a prescindere da ogni tipo di sovrastruttura imposta ed autoimposta, parafrasata in ogni sfumatura fino ad arrivare al rainbowwashing.
Mahmood e Blanco si sono appropriati del palco di Sanremo con due performance che sono riuscite ad essere superiori alla canzone stessa, al suo testo, alla musica. I loro volti, i loro corpi sono stati capaci di trasportare il pubblico e lasciarlo indifeso. Nudo con i brividi. Perché quegli stessi corpi, nella potenza della performance, sono universali. La propulsione dell’emotività liberata negli sguardi, nei gesti e nei movimenti non conosce confini di genere, ma parla al cuore, alla pancia e all’anima. Nel più semplice e autentico linguaggio inclusivo che possa esistere: quello dei sentimenti.

Una potenza empatica, chimica, che vibra anche al semplice ascolto in streaming. Non è un caso, infatti, se “Brividi” è la canzone più ascoltata di sempre in un solo giorno su Spotify Italia. Non c’è stato un debutto simile nella storia della piattaforma di streaming musicale. E questo record prescinde dalla canzone in quanto tale, ma è da attribuire alle vibrazioni che trasmette, all’atmosfera che riesce a creare. Ed è un piccolo miracolo. Un brano fin troppo sanremese che riesce a trascendere da un testo “in sottrazione” rispetto ai flussi emotivi di Blanco e alle visioni di Mahmood e diventa simbolo di una – ripetiamo ancora – potenza percepita ma realissima, che si infila sottopelle. Ed assume il connotato sfuggente e dolcissimo di un brivido.