Un venerdì sera, lo stesso da un anno.
Propaganda Live in tv, le notizie sulle zone rosse che dilagano, i partiti politici che si rinnovano e l’ultimo fine settimana da zona gialla per il Lazio.
Il lockdown di Pasqua alle porte.
Metti che fosse proprio la musica leggera, anzi leggerissima, l’unico antidoto per salvarci dal lockdown. Un’ipotesi che è sorta solo ad una settimana di distanza dal festival di Sanremo 2021. Solo dopo aver ascoltato Musica leggerissima di Colapesce e Dimartino, per la trecentesima volta. Poi succede che la ascolto distrattamente, per la trecentounesima volta, durante un servizio giornalistico di Propaganda Live che ripercorre i volti che hanno oltrepassato la soglia della sede del Partito Democratico negli ultimi decenni e per un attimo quella pesantezza di fine giornata si è alleggerita.
Il piede che spunta dalla coperta in cui sono abbozzolata da giorni ha cominciato a battere il tempo, autonomamente, poi il collo ha iniziato a muoversi, sempre autonomamente, come la voce sul ritornello.
“Metti un po’ di musica leggera
Perché ho voglia di niente
Anzi leggerissima
Parole senza mistero
Allegre, ma non troppo”
Metti che fosse proprio questa musica leggera ad alleggerire la pesantezza del venerdì.
Un venerdì di titoli sui giornali e dichiarazioni in tv per annunciare un nuovo lockdown nazionale.
Come un anno fa.
Un venerdì in cui ritorni all’appuntamento giornaliero dei bollettini, le maratone di Mentana per avere tutti gli aggiornamenti, unica voce che, come un anno fa, dà l’impressione di aggrapparsi alla maniglia del portellone mentre l’aereo precipita.
Esattamente come un anno fa.
“Se bastasse un concerto per far nascere un fiore
Tra i palazzi distrutti dalle bombe nemiche
Nel nome di un Dio
Che non esce fuori col temporale
Il maestro è andato via”
E se bastasse una canzone leggera, anzi leggerissima, per galleggiare su una ciambella nel mezzo della piscina e dimenticare per un attimo lo stremo di un anno di buio isolato in cui hai ripensato alla vita, alla tua vita, talmente tante volte che ha perso senso.
Come succede con le parole.
In cui hai ripensato alle cose che hai lasciato, alle persone che mancano, agli affetti che non hai accudito abbastanza, prima. Con quella sensazione di cadere nello spazio, nell’ “indifferenza animale” che poi è la razionalità lucida per cui è tutto limitato a contare le ore di lavoro, che non si contano più, i soldi nel conto corrente, che è meglio non contare, le ore prima del coprifuoco, che sono sempre troppo poche, i giorni mancanti all’ultima scadenza che poi viene rettificata.
“Metti un po’ di musica leggera
Nel silenzio assordante
Per non cadere dentro al buco nero
Che sta ad un passo da noi, da noi,
da noi, più o meno”