Un disco per morire e rinascere, fermarsi e ripartire, riflettere su quello che si è ed immaginare quello che si diventerà. Rachele Bastreghi, in occasione del suo concerto al Festival Line Up! nel contesto di RomaEuropa Festival, ci ha raccontato la genesi del suo ultimo album “Psychodonna”. Un’opera universale, densa di quei “suoni bastardi” che possono salvare la vita.
Quel suono bastardo che distrugge, disturba e crea
“Suoni che ti osservano e ti uccidono. Con gli occhi fissano il tuo essere caotico”. Suoni che si trasformano in rumore e che dal caos del frastuono riescono a plasmare, diventano vita pulsante e densa. “Psychodonna”, l’ultimo album di Rachele Bastreghi, rappresenta una fine e un inizio, un atto di rinascita individuale ed universale.
“Ho fatto un disco per conoscermi meglio – ci racconta -, perché volevo mettermi alla prova, per divertirmi, perché avevo l’esigenza di mettere in pratica tutto quello che sono diventata e per capire chi sono diventata”.

Un’album personale , che non guarda alle etichette del passato, che sfugge ad ogni forma di catalogazione, ad ogni tentativo di essere inserito in un recinto. “Ho capito di voler uscire allo scoperto e metterci la faccia. Con i Baustelle è come avere un’identità a tre, una sorta di compromesso, le cose si confondono, non sai dove arrivi tu e dove invece comincia l’altro. “Psychodonna”, invece, mi ha permesso di capire che dovevo buttarmi, rischiare, perdermi, ritrovarmi, darmi una responsabilità”.
“Psychodonna” è un suono bastardo che ferisce e sutura, oscura ed illumina, uccide e guarisce. “A volte piango con la musica, perché tocca cose dentro che disturbano, che affiorano, che vorresti nascondere”.