Holly, il nuovo romanzo di Stephen King, edito come sempre da Sperling & Kupfer, oltre a toccare molte tematiche care al Re, propone anche una visione più politica dello scrittore del Maine. E nei risvolti dei personaggi del libro, forse, è possibile anche trovare tutte le paure dell’autore.
Holly e l’urlo degli innocenti
Ossa che si spezzano e si frastagliano in frantumi. Tendini che si logorano, sfibrano, diventano fragili come carta bagnata. Muscoli che si strappano, infiammano, crollano in un tutt’uno come una “tuta umana” che non si abbina più allo scheletro che la indossa. Holly, l’ultimo romanzo di Stephen King, è al tempo stesso un thriller anomalo, un j’accuse politico alla sconsiderata gestione Trump e, molto probabilmente, un diario segreto delle paure dell’autore.
Un romanzo anomalo nel quale il Male si rivela immediatamente ed ha un volto rugoso insospettabile, un “Silenzio degli innocenti” che si trasforma in un urlo. Nessuna figura potente ed imponente come Hannibal Lecter, come villain, ma soltanto due maschere apparentemente innocenti angosciate dallo scorrere del tempo e dalla frantumazione del corpo.
Holly è un’opera complessa, ricca di sottotesti e densamente politica. Forse è il romanzo in cui King si ancora di più alla contemporaneità con i riferimenti continui al covid, alla scellerata politica trumpiana e alle conseguenze sociali delle scelte no-vax. Ma è anche il romanzo in cui il Re, forse, cela la sua paura più grande: lo scorrere inesorabile del tempo, il decadimento e la morte. Se Rodney ed Emily Harris tentano di bypassare l’invecchiamento con il cannibalismo , King lo fa con la scrittura. Esorcizza il decadimento raccontando una storia senza alcun possibile lieto fine. Senza una fine. La protagonista Holly continuerà a scavare nell’orrore umano, garantendo all’autore ancora uno spazio per raccontarla e raccontarsi e spostando la sua mortalità (ma anche la nostra) di un altro giro di lancette.
Ed è proprio la morte in tutte le sue forme ad essere il vero antagonista del libro. Quella morte che si presenta nella forma ingessata di un completo su misura dallo studio ovale della Casa Bianca, quella morte che si veste di colori sgargianti e luminosi sui cartelloni che incitano ad etichettare il covid come una mistificazione, quella morte che si nasconde nelle conversazioni negazioniste, quella morte che sorprende il corpo con sussulti inaspettati e lo prepara, suo malgrado, al passaggio.
E King ci racconta tutto questo, non nascondendosi, non fuggendo dalle paure e dalle responsabilità, ma prendendo una posizione etica, morale, umana. “Se non parli di qualcosa, se non ne prendi atto, è come se non esistesse”, dice Holly. E il Re decide di parlare di questo umano orrore, renderlo reale ed affrontarlo. Perché riconoscere la sua esistenza significa continuare ad esistere.