La gemma più preziosa del post-punk mondiale, i The Murder Capital, ha fatto tappa in Italia. Il live a Roma, a Largo Venue, ha confermato l’impressionante statura musicale della band irlandese, in grado di abbracciare contemporaneamente atmosfere psichedeliche e di cavalcare l’onda di sfuriate punk
The Murder Capital: post-everything
Post-punk, post-rock, post-pop, post-reality. Post-everything.
I The Murder Capital sono la band contemporanea che probabilmente è riuscita maggiormente a sfuggire e a superare ogni tipo di etichetta. Il loro nuovo album “Gigi’s Recovery”, fa perdere quasi ogni traccia della rabbia del precedente “When I Have Fears” per aprirsi ad una dimensione interiore dolorosa, tormentata, ma non rassegnata. E dal vivo il gruppo irlandese indossa ancora un altro volto, una maschera a due facce, una con un ghigno beffardo e punk ed una con una smorfia malinconica ed intimista. Il concerto a Largo Venue è la conferma di questa attitudine poliforme fra intarsi psichedelici quasi post-rock, “murder Ballads” e assalti chitarristici che ricordano quasi i Fugazi più tecnici.


Montagne russe sonore ed emozionali che hanno scosso e trascinato il pubblico a ridosso di un baratro per poi sollevarlo fino al cielo. Il frontman James McGovern ha indossato i panni ora di un Johnny Rotten sarcastico, ora di uno Ian Curtis consapevole delle scariche epilettiche della propria anima. Parafrasando la selvaggia “Don’t Cling to Life” che ha chiuso la setlist, è stato un live per restare aggrappati alla vita, perché anche se dall’altra parte non ci sarà nessuno, qui a tenerci la mano ci sono i The Murder Capital.