“Diciannove come il tram” è il racconto per immagini, parole e musica di Nicola Stivaletta, che lungo un binario di rotaie antiche attraversa Roma per scoprire il lato romantico della città. Il progetto ha mosso i primi passi tra le pagine patinate di Instagram durante i mesi della scorsa primavera nel ricordo di quei viaggi, a volte interminabili altre fin troppo brevi, a volte poetici altre maledetti, a bordo del tram 19. “Parliamo di romanticismo, sbronze moleste, canzoni tristi – scrive Stivaletta su diciannovecomeiltram.it – esami dell’università, sbatti sul lavoro, disagio da trasporto pubblico (e nella vita) e amori finiti male (ma anche bene)”.
Le ragazze della linea diciannove: il romanzo illustrato di Nicola Stivaletta
Oggi esce lo spin-off del racconto “Le ragazze della linea diciannove”, scritto da Nicola e accompagnato dalle illustrazioni di Roberta Vitelli, scaricabile gratuitamente dal sito e da leggere sulle note della canzone Diciannove de Le Colonne. Il romanzo raccoglie i pezzi di una vita da studente fuorisede, vissuta sui binari del tram 19. Una storia fatta di emozioni, momenti, scorci rubati dal finestrino e canzoni nelle cuffiette che hanno ancora l’odore del vagone verde di ferro.
Roma vista dal finestrino ingiallito del tram 19
Per chi non lo conoscesse, il tram 19 a Roma è un pezzo da museo ancora operativo tra le strade della capitale. La linea è una delle più antiche del trasporto urbano romano e quella a più lunga percorrenza. Ancora oggi è l’unica che si presenta alle fermate con gli storici vagoni della metà del secolo scorso.
Vagoni scricchiolanti, intrisi di quell’odore di ferro e ruggine che ti rimane addosso per ore.
Vagoni stanchi, di un verde opaco che se all’inizio della carriera simboleggiava un piglio innovativo dei trasporti pubblici italiani, oggi si porta dietro quel retrogusto amaro di inerzia e passività, sempre italiano.
Vagoni che squarciano la Città Eterna come un’opera di Fontana e mostrano il suo paesaggio come in un dipinto impressionista, attraversando interi quartieri che sono tante e diverse anime.
La città vista attraverso quei finestrini ingialliti da un secolo di onorato servizio, ha tutta un’altra luce. Seduti sul seggiolino di plastica scomodo o appesi sulle maniglie gialle al lato del vagone verde del tram 19, che fischia ad ogni curva e rimbalza ad ogni sassolino, sembra d’essere in quei vecchi cinema con il sipario rosso di velluto ad aspettare un vecchio film con la pellicola rovinata e le musiche di Henry Mancini.
Quel tram raccontato da Edoardo Albinati
Lungo quei vagoni traballanti del tram 19, hanno preso vita storie, amori romanzati, vite raccontate.
Vent’anni fa, su quel binario che trafigge Roma, ci viaggiava lo scrittore Edoardo Albinati regalandoci una prospettiva personale ma riconoscibile tra le pagine del suo romanzo 19. “Questo tipo di viaggetto mi obbliga a pensare a queste cose, normalmente mi ci soffermo il meno possibile. Ci pensavo già prima, a bordo del 19, così, tra tante altre cose più divertenti e diverse. Mi attrae molto la figura della gente, le varietà fisiche, e i panorami cittadini che attraversiamo. Il fatto di essere trasportato e di non aver l’obbligo di comunicare con nessuno mi dispone l’animo. Divento ricettivo come normalmente non sono, molto attento, sentimentale, acuminato. Tutto ciò che mi circonda si anima. Noto una tale quantità di cose, anzi, le cose si appuntano su di me come frecce su un bersaglio. E tutte al centro, sul rosso. La mia passività nei confronti del mondo ha qualcosa di veramente meraviglioso. […] è strano come questa veglia assomigli a tutti gli effetti a una specie di sonnolenza, o rimbambimento: dondolato dalle scosse del vagone del tram, svuotato del senso di ciò che sto facendo […]”, (Edoardo Albinati, 19).
Vent’anni dopo, quello stesso tram è la scenografia delle medesime emozioni, del medesimo rimbambimento.
Da Gerani a Risorgimento e ritorno: un viaggio sospeso
Il lato romantico della linea 19 di Roma sta in questa sospensione del tempo e dello spazio che stordisce un po’ per restituire attenzione al dettaglio umano. Quella stessa sospensione che arriva quando ti perdi tra le vie ancora sconosciute per restituire luce all’espressione del volto di una vecchia signora. Grossa, opulenta, a volte stanca altre instancabile, bella, generosa, segnata dagli anni contati nelle fessure dei sanpietrini che la compongono, Roma.
Il romanticismo del tram 19 sta nel percorso che gli è stato assegnato. Sempre lo stesso. Da Gerani a Risorgimento e ritorno, passando per Centocelle, la Prenestina (che pare infinita), il Pigneto (pre e post riqualificazione, ma con i militari sempre appostati perché non si sa mai). E poi San Lorenzo, il quartiere degli universitari Sapienza, e Coppedè, quello degli universitari Luiss, il Lungotevere con i sui tramonti, fino a Prati dove pure i secchi della monnezza sembrano oggetti d’arredamento di design.
Il tram 19 a Roma non è un semplice mezzo di trasporto pubblico, quel vagone verde è un’esperienza al limite tra realtà e sogno, tra periferia e centro, tra difficoltà e agio. Un limite sottile in questa meravigliosa città, su cui danzare senza paura di cadere. Un limite segnato dalle rotaie del tram e il suo vagone verde. Lì dove sparisce l’etichetta e si allenta la cravatta. Perché su quel vagone tra Gerani e Risorgimento, passano vite tutte diverse, ma poi tutte simili.
Vite che si innamorano, si perdono tra le fermate sbagliate e si ritrovano lungo la strada, vite che salgono e scendono, che si riparano dalla pioggia e si riscaldano al sole, vite che aspettano sotto la pensilina un tram che non passa ma poi fa il rumore del mare.