Zerocalcare: “No sleep till Shengal” e quel cielo così lontano

Una graphic novel che diventa testimonianza di vita e resistenza, di lotta e rivoluzione. Il tentativo di squarciare il manto di silenzio e di dolore su una tragedia collettiva altrimenti destinata a non far rumore. “No sleep till Shengal”, la nuova graphic novel di Zerocalcare pubblicata da Bao Publishing, è un documentario per vignette attraverso il quale il fumettista racconta il suo tortuoso viaggio in Iraq e testimonia il tentativo di confederalismo democratico messo in atto dagli Ezidi, una popolazione vittima di genocidio e costantemente minacciata dalla morsa dello stato iracheno e della Turchia.

Una vera rivoluzione

Quel cielo così lontano, quel bagliore luminoso che non riesce a farsi breccia nel manto di oscurità fatto di corpi straziati e sangue raggrumato. Quel cielo apparentemente irraggiungibile e quasi distopico. Ed è proprio il cielo uno dei protagonisti nascosti di “No sleep till Shengal”, un monito su strade bloccate, una valvola d’aria per riprendere ossigeno dopo un’immersione in stanze dell’orrore, un orizzonte quasi da invidiare per chi non riesce a guardare oltre il futuro di ogni giorno.

Il nuovo libro di Michele Rech è un’opera che cerca il cielo senza trovarlo. “E’ uno dei focus del fumetto e del viaggio. Nell’aria c’era qualcosa di molto pesante e il cielo era l’unico spazio di respiro”. Non è un caso che in quest’opera, come forse mai prima d’ora, Zerocalcare non riesca a fare dell’ironia la sua chiave di volta. E soprattutto non riesca ad ironizzare su una parola pesante e “pensante” come Rivoluzione. “Ho difficoltà a parlarne, perché questo concetto nell’attualità mi sembra una cosa parodistica, folcloristica e anche un po’ mitomane. E di conseguenza finisce per respingermi. La vera rivoluzione è rappresentata da una popolazione come gli Ezidi in Iraq, uomini e donne che hanno rovesciato una società che li opprimeva e hanno ricostruito un modello di convivenza su fondamenta diverse”.

Dialogo con il punk sedicenne

Un viaggio per comprendere, conoscere ed affrontare anche un po’ di se stessi, compreso quel passato rappresentato da un adolescente punk con la cresta poco clemente rispetto al sé del futuro.

Un adolescente che sembra riproporre a Zerocalcare tutti i dubbi che spesso sono sollevati in merito al suo lavoro. “Il me stesso punk ha attraversato tante fasi. La mia parte talebana mi dice che sto facendo cose da compromesso, da collaborazionista, perché attraverso situazioni antitetiche allo spirito del punk. Spero di essere riuscito a mantenere dei capisaldi, dei paletti che fanno sì che il me sedicenne vedendomi non mi sputi in faccia”.

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