“Ecovanavoce”, il nuovo fumetto realizzato da Nova e Isa DePica per Eris Edizioni è una riflessione silenziosa sull’assenza e sul lutto, sulla luce che illumina quasi timida stanze ormai svuotate di respiri e sul quotidiano che avanza nonostante le ferite che ne insanguinano i passi
C’è molta vita tutto intorno alla morte
“Ecovanavoce” la disperazione silenziosa e palindroma dell’eco di una voce che si spegne.
“Ecovanavoce” gli occhi che si spostano da sinistra a destra e viceversa senza trovare spazi di respiro fra le parole.
“Ecovanavoce”, una voce che cova dalle viscere e si rende conto che il suo parlare è confuso, come lettere che si affastellano e diventano grovigli, matasse di pensieri incompiuti.

“Ecovanavoce”, realizzato da Nova e Isa DePica, per Eris Edizioni, è un fumetto/flusso di coscienza palindromo, un esperimento unico nel suo genere, la testimonianza preziosa e tangibile che gli spazi vuoti hanno la stessa potenza interiore di quelli pieni. Un’opera nella quale si riflette in maniera delicatissima sulla natura brutale di una mancanza che ha poco a che fare con la fantasia e che si aggroviglia diventando una storia dentro una storia. Un rincorrersi di tempo e spazio dove qualcuno parla e nessuno risponde nella sua direzione.

L’inizio e la fine, in maniera palindroma, sono astratti e reali, privati e universali, aperti e chiusi, dolorosi e teneri. La luce che filtra fra queste pagine accarezza di taglio i vuoti. Illumina con timido rispetto gli spazi assenti, si fa arcobaleno luttuoso del passato. “Ecovanavoce”, però, non è un fumetto disperato: nel vuoto che incornicia si fa spazio un ritorno quasi quieto a una dimensione nuova. Al tentativo di una ricostruzione interiore lenta come il movimento in una fotografia.
“Grazie a tutto quello che succede e alle scatole belle in cui lo mettiamo da parte”. Sono le ultime (fra le poche) parole che chiudono il volume. E in queste scatole rimane l’eco di una voce che le riempie, che continua a sforzarsi di essere ascoltata anche se rinchiusa in uno spazio ignoto. Una voce che non è mai “vana”, ma che diventa silenzio sonoro da catturare, rumore della polvere che si adagia negli spazi quotidiani. Assenza presente.