Mimosa Campironi: un “Hurrah” per cambiare le regole

Mimosa Campironi è una delle personalità artistiche più dirompenti del nostro panorama. Energia, anarchia, provocazione e musicalità si incontrano ed esplodono durante i suoi live. L’abbiamo incontrata in occasione del suo live al festival “La tempesta su marte”, una maratona organizzata a Largo Venue da MArtelive per celebrare “La tempesta Dischi”. “Il suo “Hurrah” urlato a squarciagola dal palco è un grido liberatorio, un invito a “spaccare tutto e cambiare le regole”

Mimosa Campironi e l’essenza dell’indie

Imprevedibile come una scossa elettrica, anarchica come un urlo che parte dallo stomaco e fa vibrare l’aria, libera come i tasti del suo pianoforte che vengono ora accarezzati, ora percossi con furia. Mimosa Campironi è una delle voci più inquiete e telluriche del nostro panorama musicale. Una forza che durante i live diventa quasi inarginabile. “Credo che la musica sia l’unico spazio veramente libero che ancora esiste – ci racconta durante -. Ed io, in campo artistico, sono totalmente anarchica”.

Mimosa Campironi Live a “La Tempesta su Marte”

Un’anarchia che si traduce in una rivendicazione di autonomia, in una ricerca di purezza. Quella stessa “purezza” che è stata una delle scintille della “vera” musica indie e che ora sembra quasi smarrita. “Indie, sembrerà una banalità, significa indipendente ossia completamente al di fuori da una dimensione industriale. Questa è la mia idea di musica e questo provo a trasmettere dal palco”.

Tutto il contrario della tendenza all’uniformità, alla piattezza stilistica e concettuale che sembra uno dei grandi mali della musica odierna. Indie ed anarchia, secondo Mimosa, hanno una linfa comune: “L’unico esempio, l’unica forza e l’unica meta per l’indie è di spaccare tutto e cambiare le regole”.

Mimosa Campironi

Le musiciste hanno il compito di destabilizzare

Mimosa Campironi durante i suoi live percuote gli stereotipi come fa con i tasti della sua tastiera, abbassa ogni barriere fra palco e pubblico e diventa parte di un rito collettivo fatto di tumulti interiori, sussurri, grida. “Io adoro mettere in discussione gli stereotipi o i preconcetti – spiega -. Soprattutto perché, e mi spiace dirlo, le musiciste continuano ad essere una quota minore come numero rispetto ai musicisti. Per questa ragione penso che le artiste abbiano un compito importantissimo in questo periodo storico, cioè di destabilizzare tutto. Dobbiamo cambiare il senso delle regole che pensiamo ci siano imposte”.

Mimosa Campironi

Una necessità che passa anche attraverso il corpo, una dimensione che ci rende visibili agli altri e che diventa tutt’uno con la musica. “Quando canto non sono Mimosa, sono un feticcio per qualcun altro e quindi il mio corpo diventa di tutti. Non ho paura del mio corpo, non ho paura di mostrarmi perché in quel momento non sono mia, sono di tutti”. Un’empatia che lega palco e pit, artista e pubblico, testi e musica, sussurri e grida. Come un “Hurrah” che lascia senza fiato ma riempie i polmoni.

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