Zerocalcare sulle pagine de L’internazionale racconta la storia del Quarticciolo e le distorsioni pericolose di un approccio legalitario che trascura l’essenza degli esseri umani
Il Placebo della legalità
Zombie tossicodipendenti che perdono la propria identità e vagano tutto il giorno e la notte? Legalità!
Anziani intrappolati nei propri appartamenti a causa di ascensori fuori uso da anni? Legalità!
Pusher spesso minorenni vendono dosi a pochi passi dalle macchine delle forze dell’ordine? Legalità!
Dopo scuola e attività sociali in palazzi abbandonati da anni? Sgombero e legalità!
Cittadini di serie B che cercano di rivoltarsi dalle proprie condizioni e cambiare le carte del proprio destino? Legalità!
La legalità è il nuovo oppio dei popoli, un valium somministrato a dosi massicce per accecare lo sguardo e deviarlo su problemi che in realtà sono soltanto il tessuto superficiale dell’enorme matassa e intrico che avvolge i nostri quartieri. Un placebo da inoculare alla necessità che riesce contemporaneamente ad ammansire l’opinione pubblica e a esporre in vetrina i presunti buoni propositi governativi.

Zerocalcare sulle pagine de L’Internazionale racconta i risvolti potenzialmente senza via d’uscita di questo approccio in “La Foresta Contro il Deserto”. Un’opera quasi reportagistica che descrive le condizioni di vita del quartiere Quarticciolo a Roma e l’effetto del cosiddetto “Modello Caivano” applicato dal Governo. Spoiler: a parte le passerelle per stampa e media addomesticati, niente è cambiato, anzi sono state gettate le basi per un’avanzata ancor più forsennata del deserto.
Il Quarticciolo è un quartiere ormai da anni abbandonato a se stesso, come se Roma, Lazio e l’Italia abbiano voluto mettersi un dito nell’occhio e poi nasconderlo con una benda scura. Palazzi in continua e costante decadenza, anziani che non ricordano più l’ultimo giorno in cui sono usciti di casa, piazze desolate, infissi commerciali sbarrati e pusher che ormai fanno parte, quasi come fossero statue o giardini, dell’estetica urbana.

Mai nessun tentativo dall’alto di costruire e programmare: la legalità non prevede un piano a lungo termine, ma soltanto brevissime e casuali folate di ordine a senso unico.
In questo abbandono anche i tentativi dei cittadini e dei volontari di dare dignità al luogo e ai suoi abitanti, come il doposcuola o la palestra popolare, sono visti quasi come dei bug in un sistema che si avvia verso il caos. E come tali sono trattati, a volte con noncuranza, altre addirittura con un’incomprensibile spinta repressiva.
Zerocalcare riesce a descrivere tutto questo facendo parlare molte voci del quartiere, senza retorica, senza voli pindarici o idealisti.


L’unica risposta alla non risposta che ha come solo codice “legalità” è l’umanità. Partire da quelle esperienze tangibili e concrete che fanno già la differenza e prendersene cura, difenderle moltiplicarle. Perché l’avanzata del deserto è terribile e può bruciare o assiderare, ma bastano pochi germogli per far crescere una foresta che trasformi la sabbia in ossigeno.