Glomarì: restiamo a “debita vicinanza”

Delicata, essenziale, intimista. La poetica di Glomarì, riassunta nel suo primo disco “A debita vicinanza” edito da Metatron, è un viaggio alla ricerca di una bellezza nascosta nella semplicità, un ballo in cui gli opposti si abbracciano specchiandosi in un’immagine comune

La fragilità della semplicità

Un guanto calpestato, zuppo di acqua, che diventa oggetto cangiante, muta colore ed essenza. Diventa altro da sé restando se stesso. Una parata di panni stesi al sole e al vento, in balia degli eventi e degli umori, che inaugurano una danza scomposta, un movimento armonico che ricuce lo strappo con l’entropia e diventa simbolo di bellezza. Bugie che indossano vestiti inusuali per nascondersi anche dai propri mandanti, per occultarsi rispetto ai propri autori. Un caleidoscopio di immagini da fotografare in maniera intima, rigorosamente “A debita vicinanza”.

Glomarì

Il primo disco di Glomarì è un piccolo manuale sonoro che cerca di trasportare l’ascoltatore in una dimensione nella quale è abbattuta ogni barriera fra mondi contrapposti, nella quale caos e bellezza, ordine e disordine, malinconia ed allegria si abbracciano e consolano a vicenda.

“Credo di avere una personalità complessa – ci racconta -. A volte mi sento tutto e il contrario di tutto e provo il bisogno di parlare di questa frattura interiore”. Una coincidenza degli opposti che porta Glomarì a cercare la bellezza pura ed essenziale anche in immagini che ne sembrano lontanissime. “In “Filosofia dei panni stesi”, ad esempio, ho raccontato la fascinazione dei vestiti lasciati ad asciugare al sole. Un’immagine apparentemente casuale che ha una forte valenza poetica e rappresenta la necessità di una bellezza spontanea, non costruita”.

Fascinazioni alle quali abbandonarsi in piena libertà, da osservare “a debita vicinanza” per coglierne lo splendore che spesso si nasconde ai nostri occhi distratti.

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