Kim Gordon: the noises queen is back

No home record, il primo disco solista di Kim Gordon, ex bassista dei Sonic Youth, è un album estremo, schizofrenico, lacerante, oltranzista. Il noise viene filtrato da un’elettronica scarna e minimale. Kim Gordon scavalca ogni tentazione mainstream e schiaffeggia gli ascoltatori con un sound senza compromessi

La maturità sonica

Esistono rumori di fondo, ronzii quasi impercettibili che si nascondono nelle pieghe di un nugolo di suoni. E poi esistono vibrazioni così forti da scuotere i timpani, lacerare le cartilagini, frantumare ogni barriera d’ascolto. Rumori che hanno un impatto fisico, che costringono a stringere i pugni in un atto di resistenza o ad allargare le mani in una dichiarazione di resa. Kim Gordon, la “regina del noise”, conosce soltanto questo secondo tipo di frastuoni. Da icona della “gioventù sonica”, a 66 anni si è trasformata in sacerdotessa di un’irriducibile e splendente maturità sonica.

No home record è il suo primo disco solista in 35 anni di carriera. Un album che rappresenta gli ultimi gradini di un percorso iniziato con la sua tumultuosa fuoriuscita dai Sonic Youth e culminato nel 2015 con la pubblicazione di una dolente autobiografia come Girl in a band.

Proprio le ultime parole di questo testo lasciavano immaginare un ritorno: “Lo so, sembra che io ora sia completamente qualcun altro e immagino di esserlo”. Un viaggio verso “nessuna casa” che si conclude proprio con No home record, il primo disco solista di Kim Gordon, uno degli album più “estremi” ai quali cantante e bassista abbia mai partecipato.

“No home record”: la libertà di essere se stessa

No home record, come lascerebbe intuire il titolo, sembrerebbe un viaggio senza alcuna direzione precisa, ma in realtà è un ritorno a casa, fra quelle pareti sonore nelle quali Kim si specchia e riconosce. Questo album è, probabilmente, la produzione più libera e senza freni della bassista. Un disco nato mentre la Gordon armeggiava con una vecchia drum-machine ascoltando gli Stooges. E forse questa genesi può essere il punto di partenza per comprendere l’anima primordiale di No home Record.

La voce e il basso di Kim si contorcono e implodono su tappeti di beat frastagliati, ma mai invadenti. La melodia, quel poco che è percepibile, è soffocata da abissi elettronici e sferzate noise. In canzoni come Air BnB gli strumenti tradizionali cercano di comporre frammenti di melodie che sfuggono subito, come note abbandonate al frastuono dell’apocalisse. E anche quando la forma canzone sembra rispettata, come in Hungry baby, il risultato è una sorta di garage-rock psichico , drogato e ipnotico che non ammette compromessi.

No home record ha la forza sonora di una collisione fra mondi, di un impatto fra lame di coltelli. Un suono che appartiene solo a Kim, che segna il suo ritorno a casa, che celebra il suo animo libero. Un album coraggioso, oltranzista, impavido, come dovrebbe essere l’arte e come spiega Kim: “Per me esibirsi ha molto a che fare con l’essere senza paura”. Anche a costo di smarrire la via di casa per trovare la libertà.

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