Black Anima: i Lacuna Coil si specchiano nei loro abissi

Il gruppo milanese con il nuovo album conferma le tonalità fosche del precedente lavoro “Delirium” e spinge il piede sull’acceleratore con un disco violento, lirico, evocativo e oscuro. Andrea Ferro e Cristina Scabbia, con le loro voci, disegnano trame che si incastrano e completano come parti di uno specchio rotto.

Alla ricerca della propria anima

“Cosa ne resta della mia anima nera? Anima nera, anima nera, anima nera”. Un mantra accompagnato da loop elettronici, ed eccezionalmente cantato in italiano, che denuncia smarrimento, disperazione, abbandono. La voce di Cristina Scabbia in “Anima nera”, la prima canzone di “Black Anima”, sembra muoversi in un labirinto senza vie d’uscita, senza possibilità di ritorno verso un punto di partenza. Ma è solo un’illusione, una magia nera che viene “spezzata” pochi secondi dopo: già dai battiti impazziti della seconda canzone dell’album, “Sword of anger”, il combo milanese mette in chiaro le sonorità che ci accompagneranno per tutto il resto dell’album. Un metal compatto, oscuro, accompagnato da sonorità che a tratti sfumano nel goth (come in “Veneficium” uno dei vertici del disco) e che lasciano pochissimo spazio per sonorità più “easy”.

Anche nei pezzi più orecchiabili, come “Under the surface” e “Save me”, i Lacuna Coil, tratteggiano un immaginario ricco di inquietanti chiaroscuri, leggere pennellate di nero difficili da cancellare.

Una maturità e una ricchezza di sfumature che emerge anche dai testi, che riprendono e ampliano il lirismo intimo e disperato del precedente album. “Save me” si riaggancia al viaggio nell’oscurità della mente umana tratteggiato da “Delirium”: “Depressed and hopeless and held in despair. Don’t know how to find a way to release myself. I’m going crazy, so close to getting out, lies beneath, feels like it used to be”.

Un disco senza compromessi

“Black anima” lascia pochissimo spazio ai compromessi. I Lacuna Coil non hanno paura di continuare su un percorso oscuro, lontano da sonorità più sfumate di dischi come “Comalies e “Halflife”, anzi. La sezione ritmica con la coppia Coti Zelati e Meiz regala alle canzoni impalcatura solida e massiccia, su cui si arrampicano le voci di Cristina Scabbia e Andrea Ferro. Due voci che, forse, non raggiungevano questo livello di simbiosi da un capolavoro come “In a reverie”.

Andrea, con il suo personalissimo growl, è protagonista indiscusso di episodi di impronta decisamente metal come “Now or never” e “Layers of time”, mentre Cristina spazia dai toni caldi e quasi lirici di “Veneficium”, a ritornelli killer come in “Under the surface”, fino alle sfumature malinconiche di “Now or never”.

Riprendendo la domanda iniziale (“Cosa ne resta della mia anima nera?”), è la stessa Cristina a rispondersi nella canzone che dà il titolo al disco: “I can see your anima […]. You and me against the world, when you’re feelig all hope is lost, you are not alone in a world of disarray”. Una promessa rassicurante come un battito d’ali nere, come un’anima che cerca se stessa, ma si specchia nella propria oscurità

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