Moonlight Benjamin porta la magia e la ritualità del suo Voodoo rock al Roma Jazz Festival con un live denso di atmosfere suggestive.
La musica che diventa rito
Una voce che trasporta in una dimensione affascinante e misteriosa, una musica che rievoca atmosfere ipnotiche e viscerali.
Il live di Moonlight Benjamin al Roma Jazz Festival porta sul palco dell’Alcazar l’energia di Haiti.
Ed è proprio dall’isola dei Caraibi che parte il viaggio musicale dell’artista che il The Guardian ha definito “la Patti Smith di Haiti”.
La storia personale di Moonlight Benjamin è un inno alla vita e alla musica. Perde i genitori da bambina e cresce in un orfanotrofio di Port-au-Prince dove si avvicina al canto con il coro della chiesa. La musica diventa presto il suo “rito personale”, la sua carica vitale e Moonlight le si concede totalmente. Da Haiti si trasferisce a Tolosa dove continua la sua carriera celebrando le tradizioni musicali della sua isola.
La Benjamin canta in creolo e francese e nei suoi testi denuncia le condizioni di sfruttamento e la mancanza di libertà del suo Paese natale. Un’artista che si interroga sulla sua identità di figlia della diaspora e di musicista cosmopolita.
Moonlight diventa anche sacerdotessa voodoo e la sua musica, così come il voodoo costituisce un ponte tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tende un ponte tra sonorità occidentali e ritmi caraibici. Una combinazione magica di influenze musicali, ricerca stilistica e amore per l’arte in tutte le sue sfumature vitali.
Il sound di Moonlight e della sua band è prepotentemente elettrico. Chitarre distorte, riffs ipnotici e ritmi tribali sostengono una voce potentissima, graffiata dalla vita e dalle ingiustizie che denuncia nei suoi testi. Il cantato in creolo ed in francese unito a sonorità fortemente rock e blues crea un mix di eleganza e ribellione, un moto dello spirito che si traduce in forza, in movimento.
La magia della musica
Un potere alchemico e magico, una ricerca sonora che diventa flusso vivo e vitale, una voce in grado di trasportare l’ascoltatore in un mondo ipnotico.
All’Alcazar, per il Roma Jazz Festival, insieme alle chitarre di Matthis Pascaud e Matthieu Vial-Collet, al basso di Quentin Rochas e alla batteria di Bertrand Noël, Moonlight Benjamin ha portato sul palco la magia della sua voce.
Una magia che ha teso tendini e muscoli come corde di chitarra distorta, ha fatto battere cuori al tempo di ritmi profondi ed antichi. Ed ha esaltato i corpi, sulla scia di suoni duri ed viscerali.
Al centro di tutto c’è Moonlight, la sacerdotessa, la voodoo queen della musica.
Ogni suo movimento o gesto, ogni parola, crea un legame quasi osmotico con il pubblico.
Una carica energetica fortissima, esplosiva, positiva.
Come percorsa dalla filosofia altruista e dall’armonia dello spirito di Moonlight, con il suo messaggio di pace e comunione. Amare tutto, aprirsi a tutti e ringraziare sempre il prossimo.
Un abbraccio che ha la forza di un rito e la magia di una voce che diventa corpo, anima e spirito.