Vivienne Westwood: the pink-punk noise queen

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“Dio non salvi la regina”. Perché non esiste nessun dio e la regina non indossa una corona, ma si veste di stracci, di brandelli di tessuti, di spille da balia come gioielli di una corona. Vivienne Westwood, l’artista che più di ogni altro ha rivoluzionato la cultura contemporanea, lascia un’immensa eredità iconoclasta. E un rumore distorto di fondo, un frastuono rosa che ci accompagnerà per sempre.

Sex, pink, punk: la rivoluzione di Vivienne

Il pink noise è un rumore in cui le componenti a bassa frequenza possiedono una potenza maggiore. Una definizione fisica che diventa geografia umana e antropologica nella Londra degli anni ’70. Il rumore ha un indirizzo preciso: il 430 di King Road a Londra. Una boutique che accoglieva reietti, analfabeti, teppisti, tossicodipendenti, artisti senza causa. Un rendez-vous umano che per il resto della perbenista Inghilterra era pericoloso, minaccioso, terrificante.

I frequentatori di Sex

Ed è proprio da questo indirizzo, che ospitava “Sex” l’atelier di Vivienne Westwood (e del suo inaffidabile sodale Malcolm McLaren),che è iniziata la più grande rivoluzione culturale degli ultimi 50 anni.

Il punk. La musica “rosa” per eccellenza, perché in grado di recepire le frequenze più basse dell’umanità e renderle un atto artistico, sociale e politico. Un genere senza genere, senza stilemi, senza regole. Senza. Un genere nato per far diventare proprio quelle frequenze basse un terremoto capace di scuotere troni e governi, istituzioni e regolamenti.

La sua idea di arte come sociologia senza tempo e senza spazio ha ridefinito proprio i concetti di tempo e spazio nell’arte. Vivienne ha compreso prima di ogni altro che l’intelligenza non coincide con la razionalità, ma con l’immaginazione e l’intuizione. Un’intuizione selvaggia e sessuale che diventa politica. Gli abiti, le t-shirt e i suoni si trasformano in barricate, in sputi, in urla in faccia ad una società che voltava lo sguardo di fronte a quella scritta che campeggiava su King Road.

Vivienne, come e più dell’inventrice della minigonna Mary Quant, ha percepito che la moda è il più grande rumore rosa possibile, perché definisce il nostro spazio nel mondo e la nostra relazione con l’altro. Una frequenza bassa in grado di ferire le orecchie e gli sguardi e proprio per questo in grado di cambiare la società senza mediazioni o compromessi. Un pink-punk noise senza futuro che diventa futuro:

“When there’s no future, how can there be sin?
We’re the flowers in the dustbin
We’re the poison in your human machine
We’re the future, your future

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