Un piccolo capolavoro punk
Singapore è una città stato che accoglie storie da tutto il mondo. Le notti di Singapore sono fredde, si illuminano di aerei che precipitano all’unisono, di mondi che cadono addosso. Sono oscurate da storie maledette di sangue sugli occhi e da montagne che spingono contro il petto.
Grrr Power di “Io e la tigre” è una piccola Singapore in musica. Un disco che non riserva sconti a nessuno e che fugge da quella tendenza all’iperbole che ormai è quasi un connotato di molta musica indie. Punk, spesso urlato che non rinuncia al sussurro, diretto come il ruggito di una Tigre, che rievoca molti scenari musicali – italiani e non -, ma non è simile a nessuno.
L’indole sixties di Io, evidente in canzoni come “Storie maledette”, si amalgama con l’attitudine punk dura e pura de La Tigre e dà vita ad un’altalena di stati d’animo in musica. Un antidoto contro la paura e il dolore, un rimedio contro il mondo che rischia di crollare in faccia.
Grrr Power è un disco “alieno” che parla di alienazioni (umane, sociali, interiori) e tende la mano, travalicando ogni distanza fra band ed ascoltatore. Le canzoni, come i riflessi di uno specchio, rimandano un’immagine distorta e dilatata della realtà. Non si tratta, però, di un disco “disperato”, anzi. Il Grrr Power è un urlo che non ha nulla di rassegnato, una riconcorsa contro il tempo e contro i tempi per ritagliarsi una riserva di serenità. La rabbia diventa uno strumento necessario per guardare la propria tigre negli occhi e rispondere al suo ruggito.
La rabbia e le gabbie
Inni punk, confessioni intime e viaggi psichici. Sono questi i fili conduttori di “Grrr power”. “Singapore” è l’anthem punk anni ’90 che in Italia non abbiamo mai avuto, “Luna piena” è una ballad interiore che suona come se Mina fosse costretta ad imbracciare una chitarra, “Storie maledette”, ispirata manco a dirlo a Franca Leosini, nasconde scenari da deserti interiori e percorsi fra foreste di mostri.
Aurora Ricci (Io) canta spesso in maniera disincantata ed ingenua, quasi non curante delle storie di orrore e umana desolazione nascoste nelle parole. Una distanza necessaria che diventa uno dei punti di forza dell’album e si tramuta nel corso delle canzoni in una presa di coscienza graduale e definitiva. L’esempio è la già citata “Storie maledette”, una canzone che inizia con un incedere da musica leggera anni ’60 e si conclude con una coda rabbiosa che ricorda il punk californiano dei Bad Religion. Il testo si rivela ascolto dopo ascolto, come in uno gioco di specchi, e sorprende per la complessità.
Dal suo canto Barbara Suzzi (la Tigre) pesta sui tamburi come un’ossessa, riservandosi anche uno spazio canoro nella coda dell’album con “Madre di Dio”. Le sue trame ritmiche, vorticose ma sicure, riescono a non far sentire l’assenza del basso.
“Grrr power” è un disco che non rinuncia a “prendere a pugni” l’ascoltare, ma non esita a cullarlo quando il mondo si trasforma in un mucchio di cenere. Perché la notte a Singapore è ancora fredda e a volte il manto di una tigre può proteggere dal gelo.