Scordatevi “e alla fine vissero tutti felici e contenti”, allontanate l’idea di eroi ed eroine senza macchia. Lou Lubie, già autrice dello straordinario “La ragazza dello schermo”, smaschera il vero volto delle fiabe con una graphic novel edita da Bao Publishing che già dal titolo ne svela gli intenti. “E alla fine muoiono” ha il valore di un saggio storico, nel quale l’autrice ripercorre la genesi delle fiabe, dalle più famose a quelle meno conosciute e ne destruttura con piglio critico la narrazione e le intenzioni.
E morirono tutti infelici e scontenti
Stupri, mutilazioni (preferibilmente genitali), violenze di gruppo, incesto e quel tocco di cannibalismo che non guasta. Atmosfere da far impallidire gli horror meno patinati, grand guignol umani e pochissimo spazio per emozioni da cartolina. Vendetta, odio, desiderio di rivalsa, cinismo e anche un tocco di sadismo. Il vero volto delle fiabe non è quello etereo ed angelicato di una Bella Addormentata disney-oriented, ma quello sporco e terrificante che si nasconde fra le pieghe delle pagine. Giambattista Basile come Quentin Tarantino ma molto più sanguinolento, i Grimm come i fratelli Coen ma con una dose di perversità incommensurabilmente maggiore e persino il raffinato Perrault in grado di mascherare un animo crudele tale da fa apparire il buon Edgar Alla Poe come uno scolaretto diligente.
A svelarci questo volto delle fiabe è Lou Lubie con il suo “E alla fine muoiono”, pubblicato da Bao Publishing. Una graphic novel che in realtà ha la potenza di un trattato sociologico e l’autorevolezza di una ricerca storiografica. L’autrice non vuole distruggere il castello incantato delle fiabe, ma vuole mostrarne le fondamenta spesso rappresentate da piloni nei quali sono nascosti scheletri di familiari, di spasimanti, di rivali in amore o in affari.
Lou Lubie non estremizza il tono originario delle fiabe, ma riporta alla luce quei dettagli persi nel tempo perché edulcorati nei racconti orali o nelle riscritture per rendere questo patrimonio della fantasia accessibile ai più piccoli. Allo stesso modo l’autrice, oltre che sui risvolti vietati ai minori, indaga anche su un volto molto più “oscuro” delle fiabe, ossia la tendenza (quasi generale) ad un’impronta profondamente patriarcale, intimamente razzista e tendenzialmente anti-LGBTQ+.
La graphic novel è, in questo senso, un antidoto per passare da un “E vissero tutti felici e contenti” a un “E vissero tutti consapevoli e coscienti”.