Elisabetta Imelio, bassista dei Prozac+ e voce ed anima dei Sick Tamburo ci ha lasciato barcollanti e bisognosi di dare ancora voce al nostro tamburo ammalato. E ci ha sorpreso in tantissimi. Tutti lì. Sbagliati e disperati di speranze. A lei il nostro grazie. A noi il suo coraggio.
Elisabetta Imelio e i Prozac+: quel “rumore” che ci ha cambiato la vita
Non avremmo mai voluto scrivere questo articolo, non avremmo mai dovuto scrivere questo articolo. Pink Noises parla di suono e di “rumore”, ma ci sono “rumori silenziosi” talmente assordanti che neanche noi riusciamo a reggerne l’impatto. Sono quei momenti nei quali vorremmo essere sordi, per non ascoltare quello che succede. E, paradossalmente, si tratta di quei momenti nei quali il rumore si spegne e non avremo mai più occasione di risentirne l’urto. Elisabetta Imelio, bassista dei Prozac+ e cantante e basso nei Sick Tamburo, non c’è più. Eppure non ci lascerà mai. Eli è una persona che con la sua musica ha contribuito a rendere migliore la nostra vita e l’ha accompagnata per oltre 20 anni.
Chi nel 1998 aveva 20 anni o giù di lì non poteva non ascoltare i Prozac+. È vero, quella è stata la vera età d’oro della musica, gli anni dei migliori Afterhours e Marlene Kuntz, il periodo nel quale in Italia sembrava che la svolta musicale e culturale fosse non solo possibile, ma imminente. E in questo contesto Elisabetta Imelio, Eva Poles e Gian Maria Accusani erano una splendida, emozionante, anomalia.
Cristiano Godano e Manuel Agnelli parlavano e cantavano al cervello, i Prozac+ allo stomaco e al cuore. Ci invitavano ad uscire e vedere un mondo spesso sporco e malato, ma necessario. Erano gli amici “stonati”, quelli che ti portano a scoprire luoghi dai quali tutti si tengono alla larga, ma che nascondono scorci immensi.
La loro musica ci ha insegnato la rivolta, non nei confronti di qualcuno o qualcosa, ma contro il lato perbenista che si nascondeva sotto il letto nelle nostre camerette d’adolescenti. E ci hanno provato ad insegnare, anche un’altra cosa, che ci sarebbe servita nel cammino verso l’età adulta: la capacità di “ringraziarci”, nonostante tutto, nonostante tutti, nonostante noi. Perché fare degli sbagli non significava essere sbagliati.
“Gioisci per esistere, accontentati di te, sei tutto il tuo benessere sei tutto il tuo male. Deciditi, sorriditi, guardati bene, ringraziati per esserci, fatti l’amore”. E noi con queste parole ci siamo sentiti meno sbagliati, meno inadatti al mondo che ci avrebbe visti – in qualsiasi modo – perdenti.
Il “tamburo malato” che ci ha guariti
Come tutte le cose che siamo stati costretti a lasciarci alle spalle, nostro malgrado, anche quegli anni sono stati cancellati dalla crescita, dal passaggio all’età adulta. Quella capacità (necessità) di ringraziarci è stata soffocata dal tempo, dallo spazio, dai sensi di colpa, dalle colpe, da nuova musica, dai compromessi, dalle compromissioni. Eppure, sotto pelle restava la necessità di provare ancora quei brividi seppelliti del 1998.
E così, nel 2009, quasi come una benedizione, quasi come un miraggio, sono riapparsi Gian Maria e Elisabetta. I Sick Tamburo, fin dal nome “tamburo malato”, evocavano la necessità di battere sulle ferite, percuoterle, schiaffeggiarle. Per creare un rumore sordo, che fosse in grado di evocare la salvezza. Ed Eli, questa volta, non si limitava a suonare il basso, ma dava struttura e spessore al tamburo con la sua voce. E soprattutto con una canzone, che come un viaggio nel tempo, ci riportava nel 1998 per poi trascinarci in quello che sarebbe stato il nostro futuro. “Il mio cane con tre zampe” è l’inno di tutte le persone rotte, di tutte le ferite che abbiamo accumulato, di tutti gli sbagli che hanno lasciato cicatrici. Siamo noi gli animali zoppi, lo è la nostra coscienza, lo è Gian Maria, lo è Elisabetta.
“Rotta la memoria, rotta la mia storia
Rotta la richiesta, rotta la risposta”.
Eppure, in quel lunghissimo elenco di cose/persone/richieste/risposte rotte c’è una speranza. Riusciamo a camminare anche con tre zampe. Anche a viso coperto. Perché, pur menomati di una parte di noi, possiamo e dobbiamo ancora fare quel rumore che è in grado di curarci, di guarirci.
Fianco a fianco su quel palco. Per sempre
Però la realtà è spesso più dura anche della forza di chi riesce a camminare con tre zampe. E nel 2017 lo avremmo scoperto anche noi. “Un giorno nuovo”, il nuovo straordinario disco dei Sick Tamburo, alla fine della tracklist conteneva una canzone che lasciava poco spazio ad equivoci: “La fine della chemio”. Un pezzo scritto da Gian Maria proprio per Elisabetta.
E lei aveva risposto con un messaggio:
“Ciao, sono Elisabetta Imelio, a febbraio 2015 sono stata operata. Ho fatto poi chemioterapia, radioterapia e una terapia ormonale che andrà avanti per anni. Sono stati mesi molto difficili, fisicamente ma soprattutto moralmente. La paura di non farcela non mi dava tregua.
Durante questo periodo, Gian Maria, amico e compagno d’avventura da sempre, ha scritto una canzone per me, una canzone che, come dice lui, non avrebbe potuto non scrivere. L’ho ascoltata per la prima volta in macchina, mentre andavo all’ospedale per l’ennesima seduta di chemioterapia: E’ stato un istante, più potente della chemio, degli antidepressivi, degli incontri con la psicologa e di mille terapie coadiuvanti.
Mi è arrivata addosso una bomba d’amore e di speranza, un’energia che mi ha dato gioia, forza e volontà indispensabili per affrontare tutto questo. Adesso io voglio che questo meraviglioso regalo che mi è stato fatto sia di tutti. Voglio che chi sta affrontando il difficile percorso della malattia, possa avere lo stesso aiuto che ho avuto io. Per questo abbiamo deciso di chiedere a diversi artisti di cantare “La fine della chemio” assieme a noi, per raggiungere più persone possibili”.
Ed Elisabetta e Gian Maria sono riusciti in quel miracolo che nessuno di noi, nel 1998 come nel 2017, sarebbe mai riuscito a prevedere. Unire tutta la musica italiana per la realizzazione del video. Jovanotti, Elisa, Manuel Agnelli, Tre Allegri Ragazzi Morti, Prozac+, Samuel, Meg, Lo Stato Sociale e PierPaolo Capovilla che cantavano “fianco a fianco” su quel palco. Per lei, per tutti noi.
I proventi del singolo sono stati destinati a A.N.D.O.S. di Pordenone, l’associazione di donne operate al seno e alla squadra di canoa “Donne in Rosa Lago Burida”. E le donne in rosa, più volte, sono salite sul palco per cantare questo piccolo miracolo in musica.
Come se intonare insieme quell’ossessivo “Non si muore” aiutasse a scacciare fantasmi ed incubi, esorcizzasse il male del mondo.
E come se quella reunion del 2018 del Prozac+ certificasse che si può sconfiggere il tempo e lo spazio, che in tre su “nove zampe” è possibile non soltanto camminare, ma saltare, gioire e trasmettere gioia. Che la vita si “riunisce” nonostante i frammenti sparsi e persi per strada. Nonostante il sapore “acido”. Betty era sempre bellissima, ICS continuava a vendere i suoi sogni (e a regalarli a se stesso) , GM non smetteva di fare dichiarazioni improbabili. Noi, che avevamo sfasciato e fasciato i ricordi, avevano viaggiato con loro. Per un attimo che è diventato eterno.
Oggi Eli non c’è più. Ma quel tamburo malato, proprio oggi, deve suonare ancora più forte. Deve far rumore. Per farci, ancora una volta, stringere forte e darci l’impressione che nulla riesca a fermarci:
“Non sprechiamo parole
Godiamoci quel che abbiamo qui, oh sì.
Pensa a quello che siamo
Pensa quello che saremo
Ci stringeremo sempre sai
Niente ci fermerà
Un giorno nuovo qui
Un giorno nuovo qui”.
Una bomba d’amore che non potrà mai essere disinnescata. Ciao Eli, grazie.