Immaginazione realtà, musica e cultura, coscienza e istinto. Il Medimex 2025 di Taranto si è confermato come uno dei Festival più stimolanti del nostro Paese.
Taranto: un organismo culturale vivo
Taranto per quattro giorni ha abitato una dimensione sospesa, in cui il tempo ha rallentato per lasciare spazio all’ascolto. Il Medimex 2025 ha trasformato la città in un organismo culturale vivo, permeabile, aperto. Le piazze, la città vecchia, le periferie, le università sono divenuti luoghi di incontro, attraversati da un flusso continuo di idee, suoni, visioni.

Migliaia di persone – provenienti da tutta Italia e dall’estero – hanno contribuito a costruire un’esperienza collettiva fondata sulla condivisione e sulla presenza, autentica e partecipe. Oltre 80.000 presenze hanno animato la manifestazione, restituendo a Taranto il volto di una città capace di rigenerarsi attraverso la cultura.
Fulcro simbolico del festival è stato il palco della Rotonda del Lungomare, affacciato su uno scenario naturale di straordinaria bellezza. Qui si sono succeduti artisti di fama internazionale e nazionale: i Massive Attack hanno sicuramente regalato uno spettacolo politico ancor prima che musicale. Un live visionario e corrosivo, violento e delicatissimo. Un’esibizione straordinaria, come del resto anche quella viscerale e quasi claustrofobica di St. Vincent, o la potenza emotiva e collettiva de La Niña del Sud.

Ogni performance è diventata rito collettivo, sospensione emotiva, esperienza immersiva in cui la musica si è fatta linguaggio del presente, tra la brezza salmastra e le luci riflesse sul mare.

Il Medimex ha saputo raccontare anche un’altra narrazione, più intima e riflessiva: quella della musica come patrimonio visivo, narrativo, intellettuale. La mostra “Amy Winehouse: Beyond the Stage”, ospitata al MarTA, ha offerto uno sguardo profondo e delicato sull’artista, ricostruendone la complessità attraverso abiti, oggetti personali, diari, fotografie inedite. Un percorso che ha restituito la figura di Amy non come icona, ma come essere umano fragile e potente.

Un ruolo centrale lo ha avuto anche il Castello Aragonese, trasformato per l’occasione in spazio di esplorazione e dialogo. La struttura si è fatta cassa di risonanza di una città che riflette su sé stessa attraverso la cultura.
Il Festival ha tracciato una mappa diffusa di eventi che ha coinvolto l’intera città. Le masterclass e le lezioni-concerto hanno animato l’Università, rendendola centro pulsante di creatività. Gli incontri con figure di riferimento del panorama musicale internazionale hanno generato riflessioni sul suono contemporaneo, sulle identità artistiche e sulle sfide dell’industria culturale nell’era digitale.

Gli aftershow allo Spazioporto hanno rappresentato il cuore notturno del festival: performance ibride, sperimentazioni sonore e visive, momenti di clubbing. Uno spazio in costante fermento che ha restituito una dimensione urbana capace di accogliere, stupire e trasformare.
Il Medimex 2025 non è stato semplicemente un evento musicale. È stato un esercizio collettivo di immaginazione urbana, un invito a pensare Taranto come luogo di ritorno e di possibilità. Ha ospitato il rientro di chi mancava da anni e lo sguardo rinnovato di chi ha riscoperto la città nella sua energia più autentica.
In questo equilibrio dinamico tra caos e armonia, Taranto si è fatta laboratorio culturale, spazio generativo in cui la partecipazione è stata materia viva. La musica, in questo contesto, si è confermata non solo forma espressiva, ma architettura relazionale, atto politico, possibilità di costruzione condivisa.

In un tempo in cui le connessioni autentiche sembrano rarefatte, il Medimex ha dimostrato che la cultura, se radicata nei territori e aperta al mondo, può ancora tracciare ponti, generare visioni, immaginare futuri. Taranto, per qualche giorno, non è stata semplicemente il luogo che ha ospitato il festival. È stata il suo messaggio.




