Il varietà e il cabaret come riscoperta delle radici dello spettacolo, come forme d’arte in grado di esorcizzare le paure ed annullare ogni distanza. L’Ellington Club di Roma ogni venerdì propone “Never again Kabarett”, una performance collettiva che coinvolge moltissimi cantanti, ballerini, musicisti e performer. Una produzione nata durante il periodo più oscuro della pandemia come racconta Vera Dragone, proprietaria e resident artist del club. “Un anno fa mi sono chiesta se avrei mai più fatto questo lavoro e cosa avrei voluto raccontare se ne avessi avuto ancora la possibilità – ci spiega -. Proprio in quel periodo ho conosciuto Miriam Gaudio e Camilla Nigro e abbiamo deciso di trasformare il periodo peggiore della nostra vita in qualcosa di bello”.
Ricominciare cercando di lasciarsi alle spalle il dolore e l’orrore. La storia di Vera si incrocia a doppio filo con quella di questo luogo. “Durante la seconda guerra mondiale qui è caduta una bomba che è rimasta inesplosa. Un filo che mi ha riportato alla mia storia: il mio trisnonno, infatti, alla fine dell’ottocento ha inventato una bomba subacquea utilizzata durante i conflitti”.
E l’Ellington è proprio il simbolo dell’arte che rimane in piedi nonostante le esplosioni e gli scossoni, che resiste agli eventi ed al tempo. Un cabaret di anime che ha come protagonisti oltre Vera, Miriam e Camilla anche le ballerine Lorena Noce e Chiara Albi, dirette dai coreografi Paolo Di Caprio e Marco Rea, che danzano sulle note suonate dal vivo da Riccardo Balsamo al pianoforte, Lorenzo Remia alla chitarra, Hector Faustini al basso, Alberto Damieto alla batteria e Gianmarco Iaselli al sassofono. “Il cabaret fa parte del nostro Dna – ci racconta Alessandro Casella il direttore artistico dell’Ellington Club -. Il mio sogno è farlo rivivere e riportarlo ad un’era precedente alla televisione: vorrei realizzare un incontro fra la storia dell’avanspettacolo e la modernità”.
Fra le protagoniste di “Never again Kabarett” c’è Giuditta Sin una delle più importanti dive del burlesque in Europa. “Durante la pandemia come performer ho fatto di tutto per non dimenticare di essere corpo – ci racconta -. Un corpo che è diventato, a causa di questa condizione, un elemento politico. Con questo spettacolo cerchiamo di ricordare l’importanza della presenza di ognuno nella vita dell’altro”.