Kim: l’elettronica come forma di ribellione

Parole che scorrono su tappeti elettronici e lasciano solchi, feriscono, bucano lo stomaco. Kim è un’artista che non ama le catalogazioni e le etichette. Ogni suo brano è una ribellione rispetto agli stereotipi, un tentativo di scavalcare gli steccati imposti dal mondo musicale o dalla società.

Kim: il lato oscuro e noir dell’elettronica

Un appuntamento che si trasforma in un bagno di sangue, un matrimonio con una donna ridotta alla stregua di un animale domestico. Una violenza di genere scandagliata in tutte le sue forme attraverso una colonna musicale claustrofobica e tagliente. Nessun giro di parole, nessuna metafora: l’orrore descritto con minuzia e precisione. Kim utilizza l’elettronica come un atto di denuncia e ribellione, un tentativo di mostrare le piaghe di una macro o micro società e scandagliare tutto quello che “è andato storto”. “Honey” e “Un cane e una moglie” sono noir musicali, che rievocano paesaggi umani desertici e ricordano le atmosfere angoscianti create da David Lynch.

Kim – Honey

“La necessità di affrontare tematiche come la violenza di genere e il femminicidio rappresenta il mio tentativo di ribellarmi attraverso la musica a tutti questi atti – spiega Kim -. Come donna e musicista credo sia necessario prendere posizione rispetto a questi atti”.

Prima di Kim, probabilmente, nessuno in Italia aveva utilizzato la musica elettronica per veicolare questi messaggi. Il suo, da questo punto di vista, è un atto di coraggio estremo, un tentativo di scavalcare uno steccato quasi ideologico. “Nel nostro paese, questo genere musicale non è stato utilizzato con questa valenza. Siamo ancora abituati ad utilizzare una forma come il cantautorato per un certo tipo di messaggi. È un limite, perché è come se contenuto e forma fossero due cose completamente separate”.

Kim – Un cane e una moglie

E Kim, come risposta a quel “perché non parli?” della sua “Honey” ha deciso di frantumare ogni etichetta, ogni cartellino imposto sul nome di un’artista, ogni catalogazione musicale. “Le categorie applicate alla musica finiscono per ghettizzare lo stile. Io ho subito questo imprinting perché spesso mi chiedevano di realizzare un pezzo pop. Cosa significa pop? E se io non fossi capace di farlo? E se non volessi?”.

Le canzoni di Kim, così, deviano da ogni strada pretracciata, mandano in corto circuito le “bussole musicali fondendo arte e artigianato, studio sui suoni e sugli effetti del messaggio.

E lasciano l’ascoltatore con un senso irrequietudine. Come l’assenza di risposta ad una domanda che apre le porte dell’inferno umano. “Cos’è andato storto honey?”.

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